PET CON FLORBETABEN-F18: ALL’OSPEDALE DI SONDRIO L’ESAME PER DIAGNOSTICARE LA MALATTIA DI ALZHEIMER
Un nuovo servizio altamente qualificato offerto in Valtellina per evitare ai pazienti gli spostamenti fuori provincia
Strumento prezioso per la diagnosi della malattia di Alzheimer, in grado di garantire informazioni fondamentali per orientare le cure, sostenere le decisioni mediche e gestire meglio la salute cognitiva del paziente, la PET con Florbetaben-F18, un esame di medicina nucleare altamente innovativo, è stata introdotta all’Ospedale di Sondrio. Una possibilità diagnostica disponibile in pochi centri ospedalieri in Lombardia che viene offerta ai pazienti di Valtellina e Valchiavenna, evitando loro viaggi fuori provincia. I primi esami sono stati effettuati nei giorni scorsi presso la Medicina nucleare. «Siamo orgogliosi di presentare questa nuova proposta che qualifica ulteriormente il servizio sanitario provinciale – sottolinea Claudio Barbonetti, direttore della Radioterapia e Medicina Nucleare e del Dipartimento dei Servizi Clinici -. È un fiore all’occhiello, un altro tassello nel solco del percorso di innovazione che stiamo portando avanti, sostenuto dal direttore generale Ida Ramponi. L’esame consente di individuare nel cervello l’accumulo di una proteina, la beta-amiloide, considerata uno dei segnali precoci della malattia di Alzheimer. Grazie a questa tecnica, è possibile individuare cambiamenti cerebrali anni prima che si manifestino i sintomi, come problemi di memoria o confusione mentale».
La malattia di Alzheimer rappresenta una delle principali sfide sanitarie del nostro tempo. In Italia, si stima che oltre un milione di persone sia affetto da una forma di deficit cognitivi di natura neurodegenerativa, di cui la maggior parte attribuibile alla malattia di Alzheimer. Con una popolazione sempre più anziana, oltre il 23% degli italiani ha più di 65 anni, la pressione sul sistema sanitario è destinata ad aumentare in modo esponenziale. In provincia di Sondrio sono circa 3500 le persone colpite da patologie neurodegenerative, di cui 700 con Alzheimer. «Nel contesto attuale, con il progressivo aumento delle persone affette dalla malattia di Alzheimer, la diagnosi precoce assume un valore strategico fondamentale – rimarca Giuditta Giussani, direttore della Neurologia -. Riconoscere tempestivamente la patologia consente di attivare interventi mirati, rallentare la progressione dei sintomi e migliorare sensibilmente la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. Sono numerosi i progressi nell’ambito delle terapie e della diagnosi della malattia di Alzheimer e delle demenze, a conferma che si può davvero parlare di una nuova era».
Si tratta di un esame di secondo livello, al quale si accede a seguito di un referto diagnostico elaborato da un medico specialista, sulla base delle risultanze di valutazioni cliniche e test neurologici. La PET con Florbetaben-F18, infatti, non è necessaria per tutti. Viene consigliata in situazioni particolari, ad esempio al manifestarsi di problemi di memoria, nei casi atipici o a seguito di un esordio precoce, prima dei 65 anni, per escludere l’Alzheimer in presenza di altri disturbi neurologici. Non è invece indicata come test di prevenzione generale, soprattutto in assenza di sintomi. «Come geriatra mi occupo ogni giorno di persone anziane con disturbi di memoria e decadimento cognitivo. Uno degli aspetti più complessi del nostro lavoro è la diagnosi: distinguere tra un normale invecchiamento, forme reversibili e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer – sottolinea Michela Passamonte, direttore della Geriatria -. Questo esame rappresenta una vera svolta. Non si tratta solo di tecnologia, ma di umanità nella cura: una diagnosi tempestiva significa maggiore qualità di vita, possibilità di programmare l’assistenza e vivere con più serenità il futuro».
Per la PET con Florbetaben-F18, al paziente viene somministrata una piccola quantità di una sostanza radioattiva, che si lega alle placche di amiloide nel cervello: una speciale macchina fotografa il cervello e mostra se, e dove, questa proteina è presente. L’esame non è invasivo e non provoca dolore. Gianluca Giannì è lo specialista della Medicina nucleare responsabile per questo tipo di esame: «L’esame dura una ventina di minuti – spiega – e non richiede una preparazione particolare del paziente che si presenta un’ora e mezza prima per la somministrazione del tracciante. Il farmaco non ha effetti collaterali. L’efficacia è enorme, in quanto, grazie alla specificità molto elevata e alla sua accuratezza, l’esame, con esito negativo, permette di escludere al 100% la malattia di Alzheimer».
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